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L’ultima tappa turca è Trebisonda: alla ricerca di pescatori

La Turchia ha avuto per noi mille volti. Dopo le vicende di Istanbul e l’entroterra ci muoviamo verso Trabzon, che si affaccia proprio sul Mar Nero. Il viaggio è stato lungo e l’arrivo turbolento: abbiamo dovuto cambiare i nostri piani in corso d’opera e ci siamo ritrovati nelle mani di due adolescenti che volevano soldi per tradurre ciò che ci avrebbero raccontato i pescatori della città. Declinata la proposta, ci siamo avventuratə autonomamente al porto e, grazie alle chiacchiere di Alberto, abbiamo ricevuto addirittura un invito a cena da gentili signori la sera seguente.

Per iniziare bene il secondo giorno a Trabzon, puntiamo la sveglia alle 4 e voliamo alla ricerca di pescatori veraci. Con un po’ di attesa e tanto sonno negli occhi e nel corpo, li troviamo. Che vita incredibile, così diversa dalla nostra! Recuperiamo finalmente un po’ di riposo e ci prepariamo per una serata esilarante: cibo e musica turca su un piccolo e accogliente molo. Lasciamo la Turchia, un po’ a malincuore e un po’ emozionati: la Georgia è un Paese quasi oscuro a tuttə noi.

Una brutta notizia e una buona

Lo spostamento da Trabzon a Tbilisi, capitale della Georgia, è il più traumatico di tutti: quattordici ore diurne di autobus! Infinite! Per fortuna c’era Alex a intrattenerci col suo nuovo strumento musicale turco. Arriviamo a destinazione in piena notte, stremati affamati e con la voglia solo di sdraiare le nostre povere schiene. Ad aspettarci in ostello ci sono due sorprese. Una bella: ci ha raggiunto Luca (è sempre bella la sua presenza); e una brutta: la frontiera terrestre per l’Azerbaijan è chiusa – sui siti ufficiali del Ministero degli Esteri non si trova alcun avviso di ciò e per questo avevamo già fatto i visti e programmato il rientro da lì!
Presi dalla rabbia e dalla frustrazione, la decisione è quasi inevitabile: prendere un aereo per raggiungere Baku è insostenibile sia dal punto di vista ambientale che economico. Quindi il nostro viaggio finisce una tappa prima.

Per comunicare in Georgia ci affidiamo principalmente al russo di Alberto. Spesso è uno spasso e qualche volta è un terno al lotto: dopo tre ore di curve e strade di fortuna verso il cuore del Caucaso, scopriamo i contadini che avremmo dovuto intervistare non avevano capito granché e si trovano a Tbilisi! Per fortuna nella Georgia rurale le persone che lavorano la terra non scarseggiano e chi ci ospita (in un posto magico dove le rondini dormono in casa) si rivela essere un ottimo sostituto. Dopo una notte sotto le stelle, inizia la vera avventura. Che ne sarà degli ultimi giorni di spedizione?

La spedizione si interrompe ma il nostro cammino continua

Quella che pensavamo essere una sfortuna clamorosa, si trasforma quasi in un miracolo: dopo due giorni di pioggia incessante e clausura in camera, siamo riusciti a vederlo. Si chiama Kazbek, è alto 5000 metri e si sta sciogliendo. Il documentario finisce dove è iniziato; forse se lo avessimo programmato non sarebbe stato così magico.
Per trasmettere la nostra emozione le parole scritte non bastano, le nostre facce rapite dalle incredibili riprese di Luca sapranno farlo meglio. Perché è vero che il viaggio nella pratica è finito, ma quello che abbiamo pensato, provato e vissuto resterà impresso per lungo tempo dentro di noi e su un hard disk che ormai proteggiamo come la cosa più preziosa che esista.


A questo punto non ci resta che dire grazie! Grazie a voi, che ci avete seguito, e grazie a noi, che ci siamo stati. Grazie a The Climate Route e alla forza che sa generare.

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