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Lo stretto di Messina è considerata l’area con la maggiore densità di rifiuti mai riportata nei mari del pianeta: un mare di spazzatura in pratica. Il Mar Mediterraneo è stato definito da diversi ricercatori come una “zuppa di plastica”.

The Climate Route durante la sua spedizione in Sicilia, verificherà in prima persona l’impatto che negligenza, sviluppo economico incontrollato e mancanza di un solida etica ambientale hanno avuto su uno dei più mari del mondo!

Un report dall’Università di Barcellona nel 2018 descrive le condizioni dello Stretto di Messina: un mare di spazzatura.

Lo Stretto di Messina ha la più alta densità di rifiuti sottomarini al mondo. Lo indica il report pubblicato dall’Università di Barcellona sui dati raccolti nel 2018 nell’incontro scientifico promosso dal Centro comune di ricerca (JRC) della Commissione Europea e dall’Istituto tedesco Alfred Wegener (AWI). Il documento, pubblicato sulla rivista Enviromental Research Letters, indica che nel braccio di mare che separa l’Italia peninsulare dalla Sicilia è presente la più alta concentrazione di rifiuti mai registrata nei fondali del Pianeta, con più di un milione di oggetti per chilometro quadrato nelle profondità dello Stretto.

Un mare di rifiuti sui fondali dello Stretto di Messina

Photo: Un hotspot di rifiuti a 415 m di profondità nello Stretto di Messina, Mar Mediterraneo. (Credito fotografico: M. Pierdomenico D. Casalbore e F. Chiocci/Consiglio Nazionale delle Ricerche/Università La Sapienza di Roma)

Gli esperti sostengono che nell’area tra la Sicilia e la penisola italiana, da sempre zona di importanza strategica per il traffico marittimo e non solo, tra cattiva gestione dei rifiuti e correnti si sia accumulata finora una enorme quantità di rifiuti di ogni tipo e ogni materiale, con la plastica a preoccupare per quantità e composizione. 

Inoltre, lo studio evidenzia un dato ancora più preoccupante: nei prossimi trent’anni, il volume dei rifiuti in mare potrebbe superare i tre miliardi di tonnellate. Negli hotspot di rifiuti sul fondo marino sono state trovate enormi quantità di  plastica, reti e attrezzi da pesca,  metallo, vetro, ceramica, tessuti e  carta. In generale si stima che il 62% dello sporco accumulato sui fondali sia costituito da plastica, “che è relativamente leggera e facile da trasportare dalle correnti su lunghe distanze”. Gli esperti sottolineano il problema delle reti fantasma e in generale degli attrezzi da pesca abbandonata che, insieme ad altri rifiuti, contribuiscono a minacciare quasi 700 specie, il 17% delle quali è sulla lista rossa IUCN (Unione per la Conservazione della Natura).

Spazzatura nello Stretto di Messina nel 2016

Photo: Le foto sono state scattate durante l’autunno del 2016 © M Pierdomenico e D Casalbore del CNR, e F Chiocci dell’università La Sapienza di Roma/Environmental research letters

La rimobilizzazione e la frammentazione dei rifiuti del fondo marino è poi legata soprattutto alle attività umane, dal dragaggio alla pesca a strascico, che “innescano la dispersione secondaria”. Più rifiuti ci sono sul fondale, più rifiuti verranno intrappolati creando un substrato pericoloso in primo luogo per la vita marina ma anche per il sistema alimentare, sanitario ed ambientale dei paesi circostanti.

Il Mar Mediterraneo

I fondali marini ricoprono circa il 70% della superficie terrestre ed ospitano una quantità enorme di rifiuti, ovunque. Sono stati trovati persino nelle profondità delle Fosse delle Marianne a  10.900 metri  ma, a preoccupare, è oggi in particolare il Mar Mediterraneo, spesso descritto come uno dei mari più inquinati al mondo.

Miquel Canals, capo del Consolidated research group on marine geosciences dell’università di Barcellona in riferimento al Mar Mediterraneo spiega che il rischio per “mari semichiusi, fondali costieri, aree marine sotto l’influenza di grandi foci dei fiumi e luoghi con un’elevata attività di pesca, anche lontano dalla terraferma” è altissimo. 

A tal proposito afferma che:

“il livello di trattamento dei rifiuti nei paesi costieri è decisivo: meno c’è trattamento – o più è carente – più rifiuti raggiungono l’oceano, e quindi, il fondo oceanico”.

Miquel Canals

Ciò che preoccupa è la quantità di plastica o meglio di microplastica presente nel mare.

Stefano Aliani dell’Ismar-Cnr afferma che

“nel Mediterraneo si parla di una media di circa 1.25 milioni di frammenti di plastica”. Solo nel tratto di mare tra la Toscana e la Corsica “è stata rilevata la presenza di circa 10 chilogrammi di microplastiche per chilometro quadrato, contro i circa 2 chilogrammi presenti a largo delle coste occidentali della Sardegna e della Sicilia e lungo il tratto nord della costa pugliese”

Stefano Aliani

Non a caso il Mediterraneo è stato definito da numerosi ricercatori come una “zuppa di plastica”.

 

Ciò detto, sono numerose le associazioni, NGOs e iniziative (WWF, Legambiente, Oceanus, etc.) che sono attive sia sul fronte della sensibilizzazione climatica che in atti concreti di bonifica/pulizia di queste aree altamente inquinate. Il cambiamento parte dalle piccole azioni che permetteranno di salvaguardare il nostro mare e la sua bellezza!

Stefano Cisternino dal Salento

by Stefano Cisternino